L'Isola dell'Asinara
Qualche Cenno Storico
Nella prima metà del secolo XIX la storiografia locale descriveva l’Asinara come “luogo separato dall’umano consorzio”, in relazione alla sua scarsa presenza umana. Diversi tentativi, nei più diversi periodi storici, di crearvi insediamenti stabili, iniziarono dall’epoca romana e si protrassero sino all’età moderna con ripetuti fallimenti. Lo stesso carattere di luogo di pena, divenuto famoso in epoca moderna per la sua destinazione a “carcere speciale”, trova un precedente già in epoca imperiale romana, quando l’Asinara fu adibita a luogo di confino per personaggi illustri caduti in disgrazia.
Questo carattere di isolamento venne ancora sfruttato durante il regno sabaudo, quando Carlo Emanuele III, attraverso il Regio Regolamento del 1768, ordinava che venissero trasferiti all’Asinara “gli esposti”, ovvero i bambini abbandonati del Regno di Sardegna, per adoperarli nella coltura delle terre e nell’esercizio delle manifatture che dovevano realizzarsi sull’Isola. La paterna cura del sovrano verso i bambini abbandonati, la cui età non superava gli 8 anni, non nascondeva in realtà il più forte interesse di emarginare ulteriormente, in un luogo separato dall’umanità, una componente sociale già di per sé emarginata.
La successiva destinazione dell’Asinara a Colonia Penale Agricola nel 1885, si inquadra in questa politica, visto il clamoroso fallimento di precedenti tentativi di colonizzazione: il primo nel 1738 dal Duca di San Pietro e dal Marchese di Monteleone, il secondo nel 1769 dai fratelli Velixandre, ai quali l’isola era stata concessa in feudo.
Le Prime Testimonianze
Le indagini archeologiche sinora condotte sull’Isola hanno evidenziato la presenza dell’uomo nel corso del Neolitico e dell’Età del Ferro, rivelando un quadro culturale di notevole interesse, considerate le sue caratteristiche morfologiche e la sua posizione geografica lungo una accertata via di comunicazione tra la Sardegna e la Corsica, nell’ambito dell’esportazione dell’ossidiana proveniente dal Monte Arci.
Nel piano di Campu Perdu e Campo Faro, località tra loro vicine nei pressi di Cala Reale, sono stati individuati due siti che hanno restituito schegge di ossidiana e selce. La scelta di questi luoghi da parte dell’uomo del neolitico non è casuale, trattandosi del più significativo tratto pianeggiante dell’intera isola, adatto al pascolo e all’uso agricolo, con una maggiore concentrazione di sorgenti e fonti rispetto al resto dell’isola. I dati che si sono potuti raccogliere non permettono purtroppo di risalire al tipo di insediamento e alla sua durata, alla sua consistenza demografica ed alla sua eventuale stagionalità, ma doveva essere sicuramente di una certa importanza se proprio in questo sito è localizzata l’unica Domus de Janas finora conosciuta all’Asinara. La frequentazione in epoca nuragica, sebbene sull’isola non siano stati finora individuati nuraghi, è testimoniata dal ritrovamento di un bracciale e di una statuina bronzea raffigurante un bue.
Il nome con cui viene indicata l’Asinara nelle fonti storiche greche e romane a partire dal I secolo d.C. è Herculis Insula, Isola di Ercole. Sulla base di questa definizione è stata ipotizzata una sua frequentazione in epoca fenicio-punica. L’Asinara e la Nurra costiera dovevano essere comprese in quelle rotte precoloniali di Greci e Fenici, come dimostrano i reperti provenienti dal sito di Sant’Imbenia di Alghero e l’appellativo di Libissonis dato alla città di Turris, l’odierna Portotorres. Il nome rimanda chiaramente al Culto di Eracle, il grande dio conquistatore dell’Occidente, ampiamente diffuso in Sardegna, per via del suo stretto rapporto con la navigazione e le rotte commerciali che dall’Oriente greco toccavano l’isola, sede di empori costieri. L’isola ebbe dunque un’importanza considerevole nell’antichità, da attribuire principalmente alla sua posizione strategica: essa, infatti, con la sua forma lunga ed arcuata, delimitava ad occidente il golfo dell’Asinara, fungendo da filtro e da controllo per le imbarcazioni che percorrevano le rotte mediterranee, per le quali, l’ampia insenatura chiusa dall’isola costituiva un punto di passaggio fondamentale.
Alla luce di questi dati è possibile supporre che l’iniziale frequentazione occasionale sia stata con il tempo sostituita da insediamenti sparsi a carattere marinaro, collegati probabilmente alla presenza di un faro che orientava la navigazione.
Il Ruolo Nel Mediterraneo
Nell’opera De Chorographia Sardiniae, redatta attorno al 1580, l’autore Giovan Francesco Fara parla della presenza sull’isola di “oppida et castella”, città fortificate e fortini, distrutti in seguito ad eventi bellici. L’uso da parte dell’Autore di una terminologia tecnica militare di chiara matrice romana ha indotto a ipotizzare l’esistenza di accampamenti militari e centri fortificati in epoca romana. Notizie circa l’esistenza di resti attribuibili all’età romana sono fornite anche da Giovanni Spano, attento antichista sardo della seconda metà dell’Ottocento, il quale riferisce il rinvenimento di monete risalenti all’epoca dell’imperatore Marco Aurelio (161-180 d.C.); L’informazione viene riportata nel 1906 anche da A. Cossu, il quale afferma che le monete sono state rinvenute nei pressi di ruderi di case romane ed edifici pubblici. Le monete rinvenute all’Asinara possono essere messe in rapporto con l’intenso traffico marittimo che all’epoca di Marco Aurelio si svolgeva tra Ostia e i porti della Sardegna. Ben nota dalle fonti storiche è l’esistenza di un alto funzionario dello Stato, il Mercator Frumentarius, figura legata alla compravendita di cereali nel porto di Ostia, posto a capo di una Corporazione dedita ad attività mercantili che coinvolgeva anche l’Africa, riverito ed ossequiato dai “proprietari di tutte le navi d’Africa e di Sardegna. Nel Piazzale delle Corporazioni di Ostia esiste una testimonianza della presenza di “Navicularii Turritani”, una potente associazione di imprenditori isolani. Lo studio di alcuni relitti di navi romane, localizzati nelle vicinanze dell’Asinara, ha permesso di ricostruire il ruolo svolto dall’Herculis Insula e di conseguenza dell’intero Golfo dell’Asinara nelle rotte mediterranee dell’epoca.
In particolare, gli studi dimostrano che l’Herculis Insula costituiva un passaggio importante nelle rotte che dalla Penisola Iberica conducevano verso la Sardegna settentrionale e da qui al porto di Ostia.
Un relitto navale localizzato nei pressi di Capo Falcone ha restituito sedici lingotti in piombo recanti il marchio C(aius)Utius C(ai) F(ilius), un personaggio noto come appaltatore delle miniere di piombo argentifero della Betica, tra il 100 e il 25 a.C. Di conseguenza è stato supposto che la nave provenisse dalla Hispania Ulterior, probabilmente da Nova Carthago, e sia naufragata nella tarda età repubblicana, forse poco dopo la promozione di Turris Libissonis, Porto Torres, a colonia romana, che, come si sa, divenne ben presto il principale polo commerciale del golfo dell’Asinara.
Si è supposto che anche il relitto presente all’Asinara nelle vicinanze di Cala Reale provenisse dalla Penisola Iberica (Betica). Il relitto ha restituito una notevole quantità di anfore, alcune lucerne, due monete e un numero considerevole di tessere di mosaico in pasta di vetro, databili tra il III e il V secolo d.C., con una moneta che riporta al regno dell’Imperatore Valente, tra il 364 e il 367 d.C. Il naufragio sarebbe dunque verosimilmente avvenuto tra gli ultimi anni del IV secolo e i primi decenni del V, nel momento in cui la Sardegna e le Baleari caddero sotto l’egemonia politica e culturale del Regno Vandalo.